Qualche giorno fa Walmart ha annunciato la nascita di Walmart Connect e ha siglato una collaborazione con la società di adtech The Trade Desk per raggiungere i consumatori al di fuori del proprio network e sfruttare il ricco patrimonio di dati di prima parte generati da 150 milioni di clienti ogni settimana. Il punto di vista di Francesco Riccadonna, General Manager Wavemaker Italia, sulla creazione di un nuovo walled garden, la battaglia per la loyalty e i retailer che diventano media mentre i media diventano retailer.
di Francesco Riccadonna, General Manager Wavemaker Italia
La notizia non è una sorpresa e dimostra che il retailer prende molto sul serio sia l’evoluzione dei processi d’acquisto dei consumatori sia la competizione dei marketplace digitali. Un percorso simile è stato preso dal retailer francese Casino nel 2017 ha creato una repository di 50 milioni di individui con relative abitudini di acquisto e 1.100 segmenti per ‘venderli’ agli investitori pubblicitari che così potevano targettizzare meglio le proprie campagne.
Ma il progetto di Walmart va oltre – offerta sulle property digitali, comunicazione all’interno dei punti vendita fisici, sfruttamento del patrimonio dati -non solo perché mette il retailer alla pari di altri walled garden, ma perché il 2021 segnerà la fine dei cookie di terza parte mettendo tutti i proprietari di dati di prima parte in una posizione privilegiata rispetto agli scenari evolutivi del marketing digitale. A maggior ragione se i dati in questione sono tanti.
La battaglia per la loyalty. Anche se per Walmart l’accordo con The Trade Desk serve anche a diversificare le linee di revenue, la decisione va considerata come un passo decisivo nella battaglia per la loyalty, che negli ultimi 10 anni è stata sempre più influenzata dalla digitalizzazione e dall’omnicanalità. Il covid-19 non farà altro che accelerare questo percorso, perché l’aumento di discontinuità della penetrazione dell’eCommerce restituirà, al termine della pandemia, un parco di consumatori desiderosi di tornare all’esperienza d’acquisto fisica, ma più digitalizzati. Il vero obiettivo di Walmart è costruire, dunque, il suo ‘point of difference’ sostenibile, basandolo non sulla scala, ma sull’esperienza realmente omnichannel. Ecco quindi che la DSP proprietaria risponde innanzitutto allo scopo di creare un ecosistema esperienziale in grado di fidelizzare i clienti e, in seconda battuta, diventare una piattaforma di comunicazione ideale per le marche partner.
L’implicazione per tutte le aziende di retail è che muoversi in anticipo per creare un vantaggio competitivo diventa cruciale. Da una recente indagine di Momentum, ricerca proprietaria di Wavemaker, abbiamo desunto che alcuni settori del retail sono più avanti di altri nella misurazione del ‘priming bias’, cioè la propensione inconsapevole verso una marca. La seconda considerazione è che fino a oggi il retail ha lavorato sulla loyalty con strumenti di marketing più o meno tradizionali, ma Walmart insegna che la creazione di un valore di marca oggi passa per la creazione di un ecosistema in grado di sfruttare l’oro dei dati di prima parte per ingaggiare e fidelizzare i propri clienti. Evidentemente, non tutti hanno la dimensione del retailer Usa per puntare ad avere in casa asset proprietari, ma esistono ipotesi di lavoro alternative e la transizione verso un mondo post-cookie rende questo tema pressante, su cui Wavemaker ha già iniziato a fornir consulenza ai propri clienti, anche attraverso una serie di webinar.
I retailer sono i nuovi media e i media i nuovi retailer. Non sappiamo se il lancio di Walmart Connect autorizzi a proiettare scenari come il possibile allargamento dell’arena competitiva digitale ad attori inattesi e non nativi digitali; di sicuro sappiamo che da oggi la terza era del retail, quella della Personal Experience, conosce una fase di ulteriore accelerazione. I retailer sono i nuovi media e i media i nuovi retailer. In questo contesto di crescente contaminazione urge muoversi rapidamente per non restare indietro.