David Droga, Founder & Creative Chairman di Droga5, ha raccontato il suo punto di vista sul lavoro creativo e l’ecosistema della pubblicità durante e post-covid in un webinar
Serve del sano divertimento come contraltare al minestrone ormai indistinto della pubblicità ai tempi del covid. Si è stufato anche David Droga, che non esita ad ammetterlo durante il webinar organizzato settimana scorsa dalla testata di business Inc (qui il video dell’intervista integrale).
Droga risponde dalla sua fattoria nell’Upstate New York, fuori dalla confusione e immersa nella natura, dove sta trascorrendo questi mesi di lockdown insieme alla sua famiglia, conducendo una vita piuttosto regolare: inizia a lavorare alle 8,30 e poi via di telefonate e video chat su Zoom. Una normale giornata di lavoro, perché “non è che le richieste dei clienti si siano fermate”.
Così ha scoperto come si possa essere produttivi lavorando da remoto, rimanendo connessi e ispirati creativamente dalle limitazioni sperimentate in questa contingenza.
Come la pandemia cambierà il settore? «Con l’uso che abbiamo fatto della tecnologia credo che i viaggi di lavoro non esisteranno più. Non accadrà più, per esempio, che tu debba prendere un aereo e andare in giornata in un’altra città solo per una stretta di mano. They are gone, forever. Ed è una cosa buona. Allo stesso modo sta cambiando l’idea che si debba venire in ufficio per forza, cinque giorni a settimana. Incontrarsi in ufficio ha un grande valore, per la collisione di culture e l’incontro di modi di pensare diversi. Adoro risolvere problemi e mi piace farlo di persona. Incontrare persone che pensano in modo diverso e si stimolano a vicenda per venire a una soluzione è la parte migliore della creatività. La creatività non è un processo lineare ma ibrido».
Anche sulle holding potrebbero esserci conseguenze. «E’ un argomento molto difficile. Ho fatto parte di holding in passato e ci sono sicuramente tante persone di talento. Però credo che oggi un cliente globale non abbia più bisogno di un’agenzia con centinaia di uffici. Gli serve un’agenzia che faccia grandi lavori, non generici. E oggi vedo che non ci sono più grandi punti di differenziazione tra un’agenzia e l’altra. Quindi si, probabilmente in futuro ci saranno meno holding e meno network».
Guardando nella sfera di cristallo, cosa vede David Droga? «Un rinascimento della creatività. Tanti brand importanti si sono resi conto che la creatività è la loro arma segreta legale, è vantaggio competitivo. E poi penso che gli influencer abbiano i giorni contati. Pensare che qualcuno ti voglia ascoltare solo perché sei bello, ricco e famoso non basta più. Del resto, c’è il detto “If you don’t have ideas, get a celebrity”.
Sorride alla battuta che dopo il virus non sarà più possibile parlare di marketing virale. «La natura fondamentale del marketing è semplice, far sì che la gente parli di qualcosa. La premessa è “Just create shit that people want”. Rendi la reazione delle persone parte della narrazione, così da alimentare il desiderio delle persone di parlarne con gli amici e perpetuare la campagna”.
E proprio per questo servirebbe un po’ di humour per far star meglio le persone. Durante la pandemia il tentativo dei brand di dimostrare empatia alle persone si è trasformato in un magma indistinto. «Ho notato come tutti nella prima settimana si fossero focalizzati sul distanziamento, e via tutti a distanziare i loro loghi; poi tutti a mostrare empatia, e poi ancora giù a mostrare chiamate su Zoom per dire che “siamo esattamente come te”, quando l’unica cosa da fare è dimostrare che ti importa veramente con azioni concrete, donazioni o risorse utili. I consumatori ricordano questo tipo di cose. Il nostro lavoro, in questo momento, è quello di aiutare i brand a costruire fiducia e valore nel momento giusto».