‘Shaping the revolution’, il tema di IAB Forum 2019, significa governare i cambiamenti in modo sostenibile e impone di affrontare la concentrazione del mercato. Digital audio, digital out of home e addressable tv da un lato e garantire la trasparenza che i brand desiderano e rispondere alle loro domande inevase dall’altro potranno far crescere gli investimenti e attrarre sempre più aziende nel mercato pubblicitario
Il digital advertising continua a crescere e raggiunge i 3,3 miliardi di euro, il 9% in più dell’anno scorso. Tuttavia la crescita è attribuita in larghissima parte ai grandi player internazionali e poco più del 20% va a vantaggio delle aziende italiane, una dinamica che non fa altro che comprimere il mercato locale.
Questo lo scenario con cui si apre l’edizione 2019 di IAB Forum intitolata ‘Shaping the revolution’, una rivoluzione che è già qui e va governata correttamente. «Internet compie 50 anni e noi non siamo più dei nerd da garage. Abbiamo una maturità e una consapevolezza che ci permettono di fare una riflessione profonda su qual è il ruolo dell’uomo all’interno di questa trasformazione» ha detto Carlo Noseda, Presidente di IAB Italia.
«Il digitale è tutt’altro che intangibile, è reale e concreto, e siamo noi che governiamo questo cambiamento – ha aggiunto -. Il digitale è un mezzo fondamentale nelle strategie delle aziende, tuttavia la maggior parte della crescita finisce nelle mani di pochi. La crescita del predominio dei colossi della rete ha creato una situazione di mercato non più sostenibile. Urge un intervento normativo per riequilibrare gli attuali assetti concorrenziali e permettere a tutti gli operatori – editori, concessionarie, agenzie specializzate e ad-tech company – di giocare alla pari con chi come Facebook e Google può avanzare tecnologicamente contando su ingenti risorse finanziarie accumulate grazie a un gettito fiscale pari a nulla. Non c’è più tempo da perdere, abbiamo bisogno di regole chiare, che vadano a colpire le posizioni di abuso e e garantiscano l’intercettazione della reale capacità contributiva di un’azienda senza gravare sulle imprese locali”.
Secondo i dati dell’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano il digitale oggi rappresenta il 40% della raccolta pubblicitaria complessiva (37% nel 2018) ed è secondo solo alla TV, che detiene il 44% del mercato (46% nel 2018). Come anticipato da Carlo Noseda, il mercato è dominato dai colossi del web – Google e Facebook seguiti da Amazon grazie al suo predominio nell’ecommerce – che detengono oltre il 76% del mercato pubblicitario digitale (75% nel 2018) e in soli cinque anni hanno incrementato la loro quota più del 10%.
Video is king, audio in the new queen. Guardando ai formati la display vale il 63% dell’intero mercato, all’interno della quale i video sono diventati la componente più importante, in crescita del 20%, e la native cresce di oltre il 50%. La search rappresenta il 28% del totale investimenti in internet advertising, in crescita del 6%, mentre classified & ecommerce advertising (leggi Amazon), ossia l’acquisto di visibilità per annunci su siti di compravendita o directory online, segna un +14%. Il programmatic, non più una novità, cresce del 13%.
«La domanda che ci facciamo oggi è che forma prenderà questo mercato nei prossimi anni, quando ai formati tradizionali se ne andranno ad aggiungere di nuovi – commenta Andrea Lamperti, Direttore Osservatorio Internet e Media del Politecnico di Milano – . Penso al digital audio, vista la crescente diffusione degli smart speaker nelle case degli italiani, l’8% dei quali già ne possiede uno e questa percentuale potrebbe raddoppiare dopo il prossimo Natale; all’addressable advertising in tv, grazie all’unione con il digitale un mezzo solitamente usato per investimenti di branding potrà essere utilizzato per campagne a performance; e infine al digital out of home che potrà veicolare campagne ottimizzate con logiche programmatiche in base a contesto e location. Tuttavia anche se il digitale sarà sempre più invasivo negli altri media, non vuol dire che gli investimenti debbano mirare solo a obiettivi tattici, come conversione o lead generation, che si dimostrano efficaci soprattutto a fronte di investimenti in branding e di lungo periodo».
Se nel 2019 il digital audio advertising raccoglie in Europa investimenti per 471 milioni di euro, IAB Europe prevede che questo valore triplicherà entro il 2023, raggiungendo quota 1.5 miliardi di euro. Il mercato tradizionale della pubblicità radio da solo vale 6 miliardi di euro in Europa ed è destinato a digitalizzarsi grazie a nuove opzioni audio – dalla radio IP ai sevizi di streaming musicale ai podcast.
“Oggi grazie all’innovazione tecnologica, alla penetrazione di Internet, all’importanza culturale assunta dallo streaming musicale e la diffusione di dispositivi per la smart home, il digital audio è in grado di promuovere messaggi pubblicitari digitali a un perimetro molto più ampio. Oggi in Italia il podcast conta su una penetrazione di ascolto regolare pari a circa il 26% della popolazione online italiana over 16 anni. Questa esplosione di contenuti mostra pochi segni di rallentamento, a dimostrazione del fatto che i consumatori odierni prediligono sempre di più ambienti ‘audio-first’. Che si tratti di auto collegate, applicazioni radio negli smart speaker o altre tecnologie, le opportunità per gli inserzionisti di raggiungere gli ascoltatori sono sempre più ampie. Secondo Kantar infatti, il 63% dei marketer investirà in modo rilevante sui podcast nel 2020” commenta Carlo Noseda.