di Giovanni Pagano
Cos’è il genio, nell’epoca dove il purpose marketing detta la linea dell’assegnazione dei premi?
Se si vuole tentare di individuare quali tendenze emergono dal 66mo Suk Internazionale della Creatività di Cannes, il compito si presenta arduo, e in qualche modo complicato dalla stessa impostazione dell’evento. Perché un Festival dovrebbe raccogliere e mostrare lo stato dell’arte di un settore tematico, ed eventualmente premiarne i picchi, ciò che svelerebbe oggettivamente i trend in atto. Invece, un atteggiamento ‘politicamente corretto’ porta da qualche anno la kermesse ad attribuire alla comunicazione funzioni improprie ed estranee alla sua mission, finendo col falsarne i risultati.
Chi l’ha detto che la pubblicità debba cambiare la società? Che le aziende debbano farsi carico della promulgazione di ideali e stili di vita come la parità di genere, l’antirazzismo, i diritti lgbtq e la qualità di vita dei disabili? Naturalmente si tratta di temi socialmente cruciali, da affrontare e auspicabilmente risolvere nelle sedi appropriate, ma farne qui criterio di selezione e premiazione è fuorviante in termini di rilevanza professionale.
Invece, sul palcoscenico della mitica sala Lumiére si svolge una processione di premi ai buoni sentimenti, da ‘Hidden Flag’ della spagnola Lola Mullen Lowe (6 amici che girano per Mosca con t-shirt colorate che assieme formano l’arcobaleno, in un paese che vieta e punisce le tematiche lgbtq) a ‘The Last Ever Issue’ della VMLY&R Polonia (la rivista porno Twoj Weekend comprata e trasformata, per la sua ultima uscita, in uno strumento di sensibilizzazione popolare sul ruolo femminile odierno), da ‘The Gun Violence History Book’ della FCB di Chicago (un corposo volume che racconta le mille violenze perpetrate con le armi da fuoco, e che riesce a fermare un proiettile sparatogli contro) a ‘ThisAbles’ della McCann di Tel Aviv per Ikea (un progetto che regala la possibilità di scaricare e stampare in 3D complementi plastici che rendono gli oggetti Ikea più utilizzabili dai disabili). E queste sono le ‘tendenze sobillate’ dal Festival ma, se è consentito, appaiono più finalizzate a vincere premi che a conseguire reali risultati di marketing.
La vera tendenza emergente nel conseguire risultati effettivi, senza peraltro trascurare il consolidamento strategico del brand e della sua immagine, è piuttosto l’uso di una creatività più ampia, di una big idea fattuale che in barba alle tradizioni, e trascurando l’eternamente citato ed esausto storytelling, sappia realmente attingere a tutte le potenzialità finora inespresse dei ‘nuovi mezzi’.
E qui veniamo a Burger King: sarà anche vero che il Re s’è scelto una mission da sempre più spettacolare e facile da perseguire, mordendo furiosamente il polpaccio di McDonalds (perseguitare Golia ha sempre costituito un ottimo trampolino di lancio, che Davide fosse Avis o Pepsi), ma a questo giro l’operazione ‘The Whopper Detour’ della FCB di New York ha davvero cambiato le regole del gioco: inventarsi un’app che se azionata nelle vicinanze di un McDonalds ti consente di andare a ritirare dal Burger King più vicino un Whopper a un solo cent, è genio puro.
E d’altro canto il Re ha dimostrato altrettanto genio, anche senza attaccare McDonalds, con l’iniziativa ‘The Traffic Jam Whopper’ lanciata a Città del Messico, ma presto estesa a Los Angeles, San Paolo e Shanghai: la possibilità di ordinare e ricevere il panino anche dalla propria auto imbottigliata nel traffico metropolitano.
Insomma, mettiamola così: il mondo sta cambiando velocemente, e oggi per vendere il tuo prodotto puoi fare cose che prima non potevi fare, aldilà della vecchia pubblicità. Ebbene, just do it.
Ma forse vi siete chiesti perché l’articolo inizia con la definizione ‘Suk di Cannes’. Ecco, come chiamare una manifestazione arrivata a distribuire più di 1.400 Leoni, quando è lecito ipotizzare che fra i 2.000 spettatori che affollano la serata finale possano esserci più premiati che non premiati?