Presentata venerdì a Milano la seconda edizione dell’Osservatorio Design Thinking for Business della School of Management del Politecnico di Milano che ha messo a confronto la situazione italiana con quella in Olanda, Uk e Svezia. Finanza & Assicurazioni, Manifattura e Retail i 3 settori top in Italia per l’adozione del Design Thinking
Territorio presidiato soprattutto dalle società di consulenza e dalle agenzie digital come Caffeina, Contactlab, Futurberry, Gaia, GreatPixel e Publicis.Sapient tra le altre, il Design Thinking sta conquistando anche le aziende italiane: l’Osservatorio di cui è responsabile scientifico Roberto Verganti ha individuate 215 imprese di diversi settori, con una presenza più forte di finanza & assicurazioni, energia, ITC, retail e Pubblica Amministrazione.
La ricerca, che ha messo a confronto il panorama italiano con quello di altri 3 paesi europei, dice di un mercato omogeneo nei 4 paesi, ha anche individuato 282 innovatori che hanno adottato il Design Thinking, il 56% utenti esperti che usano la metodologia da più di un anno, ma tra le aziende che hanno partecipato ai panel in occasione della presentazione della ricerca ce ne sono alcune, come Intesa Sanpaolo, che coltivano il Design Thinking da 5 anni, principalmente per progettare nuove consumer experience, prevedere trend tecnologici e sviluppare piattaforme o ecosistemi di innovazione; chi lo ha adottato da meno di 1 anno, lo ha fatto soprattutto per sviluppare nuovi prodotti e servizi, progettare UX, promuovere nuovi valori, attitudini, comportamenti.
Approccio alternativo all’innovazione che integra capacità analitiche con attitudini creative, il Design Thinking mappato dall’Osservatorio permette di risolvere problemi complessi (Creative Problem Solving), realizzare e testare rapidamente prodotti e servizi (Sprint Execution), coinvolgere più profondamente i dipendenti nei processi creativi facilitando così l’adozione dell’innovazione perché condivisa e non calata dall’alto (Creative Confidence) o ridefinire la visione aziendale con una vera e propria esplosione negli ambiti in cui la trasformazione digitale richiede nuove competenze e capacità per lo sviluppo della customer experience (Innovation of Meaning).
Tra questi, l’approccio più adottato è il Creative Problem Solving (26%) attraverso cui le aziende comprendono i bisogni dell’utente finale e immaginano una vasta gamma di soluzioni per trovare la soluzione dominante, approccio che genera anche il 33% dei ricavi.
Orientarsi nell’innovazione. “In un momento in cui siamo inondati da informazioni e in cui le innovazioni tecnologiche si susseguono a grande velocità, il Design Thinking consente di orientarsi e mantenere alta la concentrazione su ciò che veramente è in grado di coinvolgere tutti i livelli aziendali e di portare valore a un potenziale cliente – afferma Verganti -. Le imprese italiane sono più consapevoli e mature rispetto al passato, ma spesso non sfruttano ancora tutte le potenzialità dei modelli alternativi di innovazione”.
Presentando i punti di vista di consulenti e aziende, oltre che una panoramica delle start-up, l’Osservatorio ha offerto anche un vademecum delle cose da fare e non fare e un saggio dell’impatto del Design Thinking nelle imprese, dalla facilitazione della trasformazione digitale alla progettazione di soluzioni.