Il valore del contesto editoriale conta più della mera monetizzazione di contenuti virali senza capo né coda, gli inserzionisti pubblicitari hanno la responsabilità di capire dove vanno a finire i soldi che spendono in digital adv e il valore del brand va coltivato nel lungo termine.
Intervenendo alla conferenza annuale dell’Incorporate Society of British Advertisers (ISBA), David Pemsel, chief executive di Guardian Media Group, ha sottolineato la ‘diversità’ dell’editoria di qualità e le differenze che rendono “più complicate” le relazioni con Facebook.
Pemsel ha ricordato alla platea di investitori pubblicitari che, secondo dati recenti, il 9% degli investimenti digitali – pari a 19 miliardi di dollari – si perde nelle frodi, accusando “l’opaco meccanismo di transazione tra il modo in cui i clienti acquistano inventory digitali e quello in cui il denaro va a ricompensare chi crea contenuti originali e di qualità”. Il chief executive del gruppo editoriale ha anche criticato come “totalmente illogici” quegli advertiser che non danno alcun peso al contesto in cui vanno a finire i loro annunci, accontentandosi di raggiungere un certo target a un determinato prezzo.
Quanto all’influenza globale del duopolio Google / Facebook e i rapporti del quotidiano, Pemsel ha detto che mentre la relazione con Google è stata “strategica” producendo alcune collaborazioni molto produttive, quella con Facebook è invece “più complicata”, essenzialmente dalla difficoltà di trovare un comune terreno di incontro.
“Il Guardian è molto determinato, ha un alto livello di valori e monetizza meglio che può. Facebook ha un modello di business che monetizza la viralità senza alcun senso della proprietà di ciò che viene distribuito sulla sua piattaforma”, ha aggiunto sottolineando quanto siano opposti i due punti di vista. Nelle prossime settimane, i risultati finanziari del gruppo editoriale diranno anche quanto abbia reso in termini economici