The AD Club of New York sta pubblicando le previsioni dei leader creativi e quella di Nick Law, chief creative officer di Publicis Groupe e presidente di Publicis Communications, suona come una sveglia per agenzie e pubblicitari più innamorati del passato che del futuro
La discussione su quale sia oggi il modello d’agenzia più adatto per affrontare il futuro del settore è onnipresente, ispira ristrutturazioni radicali, come quella che sta conducendo Wpp, e la nascita di nuove strutture come la S4 Capital di Martin Sorrell che sui palchi dei più prestigiosi eventi adv e tech la sta promuovendo come la formula più adatta a rispondere ai desideri dei clienti. Il 2019 dirà se queste operazioni avranno successo.
Ma al di là delle dimensioni di queste operazioni, la vera questione sta nelle competenze e nell’attitudine al futuro che un’agenzia realmente utile al cliente deve saper offrire.
Lo dice Nick Law, chief creative officer di Publicis Groupe e presidente di Publicis Communications, nelle sue previsioni pubblicate dall’associazione di pubblicitari The AD Club of New York. Ecco un estratto:
«Il principale cambiamento nel mio approccio alla creatività sarà iniziare con un modello d’agenzia che renda possibile creare i lavori giusti. Se dobbiamo creare cose nuove, abbiamo bisogno di nuove competenze. Se le agenzie non imparano a incubarle e a usarle, la loro quota dei budget dei clienti continuerà a comprimersi.
Un approccio reazionario ha portato le agenzie ad esternalizzare il loro modello ai clienti (…). Questi assumono sulla base di lavori passati le agenzie, le quali si modellano per aderire a queste idee preconcette. Ma non è compito del cliente progettare le agenzie per il futuro. Quando si accorgono che hanno bisogno di un tipo diverso di lavoro, prendono una nuova agenzia. Spetta alle agenzie prendere decisioni strategiche sulle proprie competenze e i propri team, anticipando quello di cui il cliente avrà bisogno domani o tra due anni.
La crescita viene da un complesso di capacità connesse che rispecchiano le opportunità del cliente e il comportamento di fruizione mediale delle persone reali, non dalla fatua insistenza che una ‘big idea’ possa ancora risolvere tutto. Questo mito catastrofico ha dato ai creativi la scusa per evitare di impratichirsi con la miriade di nuovi media che si sono moltiplicati negli ultimi 20 anni. Non c’è film-manifesto o tagline da magnete da frigo che possano mascherare questa negligenza.
E’ ora di finirla di difendere il nostro glorioso passato prima che sia troppo tardi (…).
Il cambiamento richiede che la comunità creativa si appassioni più al futuro che al passato, per fare cose che siano connesse intelligentemente con il mondo moderno e progettate per essere guardate e interagite su mobile (la miglior versione di internet).
Gli apologeti del vecchio modello lamentano che tutto ciò mina la creatività. Tuttavia non ricordano che essi hanno già utilizzato la tecnologia in un formato che un tempo era guardato con sufficienza. Il broadcasting ha completamente scardinato il nostro settore. Curiosamente, quando è emerso era visto come meno efficace rispetto a media più maturi come stampa e radio. Ma la grammatica dei 30 secondi è stata sviluppata per avvantaggiarsi di questa tecnologia e ha fatto fiorire la rivoluzione creativa.
Se siamo troppo attaccati alle vecchie abilità per abbracciare la tecnologia nuova, la nuova versione della nostra industry sarà vuota di creatività. E’ una responsabilità dei creativi mettere le mani sulla nuova tecnologia e infonderle magia».