Al Wired Next Fest illustra un caso concreto di lavoro insieme al cliente Sky, che non riesce a trovare data scientist e content manager, competenze preziose molto richieste sul mercato
Quando la domanda dei clienti cambia le agenzie si evolvono acquisendo nuove competenze. Venerdì, nella giornata del Wired Next Fest dedicata alla ridefinizione delle competenze all’interno delle aziende e dei singoli sul mercato del lavoro, Luca Vergani, Ceo Wavemaker, e Aldo Agostinelli, Chief Digital Officer Sky Italia, hanno raccontato rispettivamente come l’agenzia media si sia aperta alla creazione di contenuti e quali siano oggi le figure professionali più ambite da un’azienda come Sky.
Con la media company Wavemaker ha avviato dalla metà 2016 un progetto per la creazione di contenuti per i canali social di Sky con un approccio peculiare basato su dati e analytics, tutt’ora in corso.
Per Wavemaker, che da inizio anno ha acquisito la denominazione che prima identificava la divisione dedicata ai contenuti, si è trattato di un percorso che ha portato una delle principali agenzie media in Italia a ottenere metà dei ricavi da attività non legate a planning e buying, come consulenza, contenuti e tecnologie. L’agenzia ha dovuto riorganizzarsi con agilità e flessibilità, assumendo persone competenti nei contenuti invece che classifici profili media, più a loro agio con i numeri.
«Con questo non vogliamo far concorrenza ad agenzie creative ed editori, ma vogliamo gestire il contenuto in maniera rilevante – spiega Vergani -. Per farlo abbiamo bisogno di professionalità cosiddette Y Shaped, figure trasversali capaci di gestire progetti e risolvere problemi mettendo insieme professionalità verticali, o T Shaped. Per questo le agenzie media si trovano oggi ad avere nuovi concorrenti con competenze trasversali trasversali, ad esempio società di consulenza come Deloitte e McKinsey, oppure con competenze verticali, come Adobe e Salesforce».
La presa in carico delle property social di Sky è stato il primo momento in cui l’agenzia si è trovata a gestire contenuti e l’ha fatto senza snaturare il proprio modo di approcciare questo mondo: “Dall’analisi dei dati abbiamo cambiato il nostro modo di creare video per le property social di Sky” spiega Vegani, illustrando come l’agenzia sia riuscita attraverso i dati a comprendere i perché dietro i comportamenti degli utenti, cambiare le modalità espressive (ad esempio se il pubblico guarda i video social mentre è sui mezzi pubblici bisogna sottotitolarli) e i KPI di engagement.
Lato azienda, Agostinelli ha spiegato come questo progetto abbia permesso di spostare le visualizzazioni da paid a organiche, permettendo di ridurre di molto l’investimento. «Questo è stato possibile grazie alla competenza analitica che abbiamo trovato in Wavemaker. Gli OTT infatti sono bravi a creare dashboard di dati, che però si rivelano troppo basici. Occorre fare una lavorazione estrema con un pool di persone che li analizzano e li interpretano. A partire dal dato puntuale relativo a visualizzazioni e condivisioni si può dunque arrivare a pensare a un diverso trattamento del video, traendo da essi spunti creativi per rivedere lo storytelling. Ad esempio per SkyTg24 sono state create pillole rielaborate completamente rispetto a quello che si vede in tv, mentre per Now Tv si è trattata l’immagine nel modo più ingaggiante possibile. Quando abbiamo iniziato a capire la relazione tra dato e creatività abbiamo proseguito ottenendo risultati stellari».
Il brutto, aggiunge Agostinelli, è la difficoltà di trovare persone con le competenze adatte. Al momento in Sky ci sono circa 10 posizioni aperte in area digital, ma non si trovano candidati adatti. «Cerchiamo persone che uniscono competenze creative e sui contenuti alla comprensione dei dati, perché con le prime soltanto non si va da nessuna parte. Persone così si trovano nelle agenzie, ma per gentleman agreement non le possiamo assumere». Il problema nasce dalle università, che non creano professionalità come quelle dei data scientist, della fuga all’estero dei talenti e della scarsità di aziende italiane attive nell’ecommerce.
Creare team di lavoro presso il cliente è una soluzione praticata da Wavemaker che sta dando risultati. «Non c’è niente di meglio di una persona competente che sta in azienda e aiuta a risolvere i problemi. Così si evita il ‘lost in translation’ che avviene quando ci sono troppi passaggi. Così abbiamo aiutato aziende che avevano fatto molti investimenti tecnologici ma non sapevano come estrarre da essi il massimo potenziale. Rimanendo coinvolti nei progetti, siamo anche meno sostituibili» conclude Vergani.