‘Implication of voice for marketing purpose’ è il nuovo report che IAB US ha pubblicato per aiutare le aziende a comprendere perché si tratta di un fenomeno rilevante e dalla crescita più che veloce
Quello dell’interactive voice non è un fenomeno da prendere sotto gamba. In Italia è appena arrivato il solo Google Home, ma negli USA assistenti vocali e smart speaker stanno spopolando: al momento il 18% degli americani possiede un device pronto all’uso – sia smart speaker che via smartphone – e Juniper Research stima che entro il 2022 il 70% dei nuclei famigliari ne avrà almeno uno, non solo in tasca e a casa ma anche in auto.
Secondo il report ‘Implication of voice for marketing purpose’ appena pubblicato da IAB US il fenomeno ha un impatto evidente sul marketing, perché le piattaforme di interactive voice si inseriscono nel percorso d’acquisto. Già oggi, che siamo ancora agli albori, è possibile notare come numerose e frequenti interazioni abbiano a che fare con acquisti passati o futuri: ad esempio controllare lo stato di un ordine, fare liste della spesa e cercare prodotti e servizi. Man mano che le persone prenderanno familiarità con questi device le loro azioni diventeranno più incisive, come portare a termine acquisti, ordinare di nuovo i prodotti, dettare recensioni.
Come spiega Bryan Moffett, Chief Operating Officer di National Public Media (NPM), che ha preso parte alla redazione del report e ha misurato l’utilizzo delle piattaforme dall’inizio del 2017 “abbiamo imparato due cose importanti. Primo, l’adozione degli smart speaker sta andando più velocemente di quella degli smartphone. Secondo, questi device stanno avendo un impatto importante sulla vita del consumatori: il 65% di chi ce l’ha dice che non tornerebbe indietro. Ci sono importanti implicazioni per i marketer e gli editori. Il mondo dell’interazione vocale è diverso dai media precedenti. E’ a due vie, è conversazionale. E’ facile saltare le cose che non ti interessano. E devi chiedere le cose chiamandole con il loro nome”.
Tra le tendenze in fieri c’è anche l’estensione dall’ambito prettamente consumer a un utilizzo business – c’è già Alexa for Business che permette di separare le funzioni di lavoro da quelle della vita privata – e l’approdo delle interfacce vocali anche nei negozi fisici per esperienze di ‘new retail’, che uniscono la comodità dell’ecommerce nell’accesso alle informazioni all’interno di un negozio vero e proprio. Che sia meglio di un commesso umano è opinabile, ma per la ricerca citata da IAB il 49% di chi preferisce l’assistente vocale cita il vantaggio della maggior velocità nelle risposte, il 47% la comodità, il 41% una scelta tre volte maggiore. Su un sito di ecommerce spesso il prodotto si raggiunge con quasi 5 passaggi, a voce si potrebbe trovarlo con un dialogo di pochi secondi.
Terza tendenza chiave è il maggior valore che assumerà il branding: se infatti i consumatori troveranno più comodo comprare e ri-ordinare prodotti a voce, che impatto avrà questo comportamento sui brand e sulla preferenza dell’uno piuttosto che dell’altro? In teoria il controllo di quel che entra nel carrello passa alla piattaforma, bypassando la classica meccanica di selezione che avviene oggi. Se alcuni predicono la morte dei brand, all’opposto il branding diventerà ancora più importante per incoraggiare le persone a chiedere a voce una marca ben precisa.
Doverosa infine la parte che illustra le criticità, con in testa la possibile invadenza di un device che ascolta tutto quel che si dice in casa e i relativi problemi a livello di privacy; la coesistenza di più piattaforme che potrebbe creare confusione, con funzioni e comandi diversi; a breve inizieranno ad arrivare tante app inutili che intaseranno l’ecosistema. Non è nemmeno facile calcolare il ROI a breve termine, per via dei costi di avvio e la necessità di doversi tenere aggiornati sugli impetuosi sviluppi del settore.
Non mancano i consigli, abbastanza ovvi: come cercare aiuto dalle agenzie partner, una volta che si è creata l’app vocale bisogna promuoverne l’adozione, e misurare il successo contando gli utenti, l’utilizzo che se ne fa e l’engagement.