Human Be In: una rivoluzione che ancora ci manca, ma i cui valori più profondi sono sempre al centro di battaglie civili e sociali

Il destino del movimento hippie si è dimostrato paradossale: se nella cronaca del tempo ha indiscutibilmente fallito – spesso approdando all’autodistruzione per abuso di comportamenti smisurati -, nella società contemporanea il suo sistema di valori appare ancora vitale, non più come controcultura ai margini, ma come nucleo al centro di una evoluzione in atto

di Francesco Morace, Presidente di Future Concept Lab

Francesco Morace

Sono trascorsi 60 anni dai primi raduni che ragazzi, artisti ed esponenti della controcultura americana  (‘hippie’ per i giornalisti del tempo), cominciarono a organizzare a San Francisco, provando a ‘rovesciare’ il tavolo dei valori sociali più consolidati, immaginando un futuro diverso.

Se adottiamo la prospettiva della social innovation, appare evidente quanto il sistema valoriale proposto in quella ‘summer of love’ abbia alimentato un’evoluzione di grande portata sociale, che dura da più di mezzo secolo.

Un’evoluzione fondata su un percorso lungo, non ancora concluso, che ha pervaso progressivamente quelle stesse capitali da cui era partita (in primo luogo San Francisco e poi New York, Parigi, Londra, Amsterdam, Berlino, Copenhagen, fino a Milano) per poi estendersi all’intero mondo occidentale, con valori diventati irrinunciabili per centinaia di milioni di persone: creatività individuale, libertà sessuale, armonia con il mondo naturale, sperimentazione del corpo e della mente, costante ricerca di intensità felice nelle relazioni d’amore con il mondo.

Il destino del movimento hippie si è dimostrato paradossale: laddove nella cronaca del tempo ha indiscutibilmente fallito – spesso approdando all’autodistruzione per abuso di comportamenti smisurati -, in realtà nella società contemporanea il suo sistema di valori appare ancora vitale, non più come controcultura ai margini, ma come nucleo al centro di una evoluzione in atto.

Una rivoluzione che ancora ci manca. Laddove molte pratiche hanno portato fuori strada (il permissivismo anarchico, l’abuso di sostanze, lo spontaneismo irresponsabile), i suoi valori più profondi si sono affermati nel tempo attraverso battaglie sociali, civili, culturali, non ancora esaurite, come dimostrano i movimenti che negli ultimi 10 anni hanno scosso il corpo sociale globale, dagli Stati Uniti all’Iran.

Ecco alcuni snodi critici che il movimento hippie aveva individuato in modo intuitivo con grande anticipo sui tempi: la denuncia dei limiti dello sviluppo, la ricerca di un equilibrio sostenibile contro lo sfruttamento dell’ambiente, la dignità di tutti i generi, la vitalità creativa contro il consumismo dilagante, il pacifismo fondato sulla convivenza tra i popoli. Sono i temi che John Lennon canta nel 1971 in ‘Imagine’, considerata da molti la canzone del secolo e che rappresenta in realtà il canto del cigno della cultura hippie.

Focalizziamoci allora sul dopo e sull’evoluzione dei valori sociali in questi 60 anni. Alcune rivoluzioni – pur avendo decapitato se stesse, come la Rivoluzione Francese – dimostrano una forza che matura nel tempo, fino a essere riconosciute come patrimonio universale dell’umanità.

È il destino che, a mio parere, il movimento hippie si è conquistato sul campo e per questo diventa importante raccontarlo alle giovani generazioni per quello che è stato concettualmente: una rivoluzione felice e pacifica di grande portata. Una rivoluzione che, per esempio, meritava di essere ricordata quando nel 2015 l’ONU ha definito i 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030. Molti di essi sembrano trasmigrati direttamente dallo Hu del 14 gennaio 1967 al Golden Gate Park di San Francisco: pace e giustizia evocati nell’obiettivo 16, parità di genere dell’obiettivo 5, sostenibilità del pianeta evocata in tutti gli obiettivi dal 6 al 15.          

Tanta farina del sacco di quei ragazzi e ragazze che con un entusiasmo al limite dell’incoscienza furono portatori di una visione generosa e smisurata, aprendo la strada ai valori più avanzati della civiltà contemporanea che sono oggi diventati gli obiettivi globali delle Nazioni Unite. Quella strada percorsa è stata racconta da Luca Pollini con dovizia di particolari in ‘Peace & Love non era uno slogan. Storia e segreti del movimento hippie’, libro appena uscito e i cui stessi temi sono stati rilanciati nel corso del rinato Festival di Re Nudo alla Fabbrica del Vapore a Milano, con il coinvolgimento di 80 artisti/performer under 30 e la partecipazione intergenerazionale di centinaia di persone.

Per ricordare, senza nostalgia, i passaggi entusiasmanti di un’avventura che ha prodotto – indiscutibilmente – la miglior musica del secolo (ancora oggi la più ascoltata), le teorie più eccitanti, gli itinerari di viaggio più appassionanti, le mitologie potenzialmente più felici.

Aggiungiamo, per chi non lo sapesse: senza la cultura hippie non esisterebbero i corpi tatuati e il personal computer, il movimento arcobaleno e il design radicale, i grandi raduni rock e pop e il marketing sensoriale, l’alimentazione bio e lo yoga per mamme e bambini. Ciò dimostra l’attualità di una visione che può e deve essere rigenerata alla luce della partita che oggi dobbiamo giocare, a partire dalle variabili ESG (Environment, Society, Governance) che definiscono nel mondo aziendale nuovi percorsi ed esperienze.

In questo contesto, le esperienze raccontate nel libro risuonano oggi nei comportamenti quotidiani di milioni di soggetti: le biciclette bianche dei Provos ad Amsterdam, la passione bio che al Macondo di Milano trovava le sue prime esperienze di ristorazione, la sensibilità per i diritti che oggi viene trainata dai grandi movimenti mainstream come #BlackLivesMatter e #metoo, la frenetica attività creativa che oggi nel digitale può trovare compimento.

I rimandi e le relazioni con la cultura hippie nel grande frullatore dell’immaginario (non più solo) giovanile sono davvero esemplari, e vanno ad arricchire il paradigma queer nel suo significato più profondo: sessualmente, etnicamente o socialmente eccentrico rispetto alle definizioni di normalità codificate dalla cultura egemone. Dando spazio a quella meraviglia che Aristotele considerava la fonte stessa della conoscenza, accompagnata da una sete inarrestabile di intensità vitale; un desiderio incontenibile di sperimentare, alla ricerca di nuove soluzioni, un mondo felice.              

Human Be In: una rivoluzione che ancora ci manca, ma i cui valori più profondi sono sempre al centro di battaglie civili e sociali ultima modifica: 2024-07-01T10:19:24+02:00 da Redazione

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